sabato 6 giugno 2015

Stella Demaris intervista Claudio Strauss



Ciao, Claudio Strauss, raccontaci qualcosa di te.

Ciao Stella, ho quarantasette anni ma ne dimostro sette, almeno faccio il possibile… Ho studiato biologia, sono nato ad Ancona ma vivo a Roma, sono sposato. Ho viaggiato molto nella mia vita e il mio ceppo parentale è composto da più etnie. Ad esempio la mia bisnonna era russa; conto poi parenti acquisiti dagli Stati Uniti. Un bel miscuglio insomma, forse anche a causa di questo mi sento apolide e allo stesso tempo dovunque mi trovo è come se fossi a casa mia.


Cosa ti piace scrivere, e come hai iniziato ad alimentare questo interesse?

Il linguaggio che solitamente uso viaggia a cavallo tra la prosa e la poesia, genere che sento maggiormente. Il mio è un tentativo di conciliare i diversi aspetti nei due campi d’indagine. Mi considero un artigiano; è il tentativo (spesso vano), di costruire e di plasmare il linguaggio sempre e comunque su basi musicali. Non sempre ci riesco, ma quando questo accade è un piacere e una soddisfazione. In definitiva mi avventuro nella terra di nessuno, quella che prediligo. Ho iniziato a scrivere all’età di quattordici anni, quando tentai di costruire un racconto giallo ambientato nella cittadina di Coventry... Non ricordo bene se c'è il mare, a Coventry... La passione per la letteratura deriva senz’altro da mia madre.


Quali sono i tuoi autori preferiti?

Questa è una domanda alla quale vorrei evitare di rispondere con un lunga sfilza di classici o comunque di soliti noti ma, ahimè, è quasi impossibile. Certamente Proust è uno dei miei riferimenti: perché sapeva andare al nocciolo di ogni questione usando un’arma (la sua), potente come il microscopio e precisa come il bisturi. I suoi lunghi periodi musicali erano belli ed efficaci; credo sia molto difficile coniugare le due cose!
Un autore che mi colpì fin dalle prime letture fu John Fante, spietato nel raccontare i suoi disordini familiari, anche se dai suoi scritti traspare l'influenza di Céline.
Più strettamente nella poesia, quella di alto livello, sicuramente Ezra Pound rimane ancor oggi un riferimento imprescindibile, e il l’ho sempre visto come un classico estremista. Mi fermerei qua, ma potrei citarne molti altri. Posso solo consigliare la lettura di un'autrice, Fred Vargas, ricercatrice di archeozoologia e scrittrice di talento. Ha uno stile che non passa inosservato: pur trattando storie forti, cariche di omicidi, nei suoi libri scorre pochissimo sangue e questo lo apprezzo. Sa essere surreale e meticolosa quando serve, è davvero brava: non calca la mano sull’anatomia dei propri delitti, dunque la considero un lume nel buio della narrativa contemporanea. Ho imparato tanto da lei.


Parlaci un po’ delle tue opere.

Ho pubblicato nel febbraio 2014 un’antologia di poesie dal titolo Città Irreale (Voci, m’attraversano…), Edizioni Youcanprint, mentre nel luglio dello stesso anno ho pubblicato con l'editore Pagine un racconto all’interno di un’antologia di quattro autori, dal titolo Macondo. Due miei racconti sono stati scelti dal Gruppo Facebook "Libri Stellari" e appariranno nel prossimo volume dal titolo 50 Sfumature di Alieno, in corso di preparazione: uscirà nel settembre 2015 per i tipi di Youcanprint.


Qual è il personaggio da te creato che più ti piace? E qual è il personaggio che ti rispecchia di più?

Certamente l’ultimo, ma per me è sempre l’ultimo, quello che deve crescere: è una donna, si chiama Dalia Cavalcanti, una poetessa protagonista del mio primo romanzo che sto tentando di scrivere. Dalia non rispecchia nessuno (questa è la mia speranza!); azzardo una vanità: ho un curioso atteggiamento di distacco e di dissociazione con le figure che si muovono all’interno di un racconto o di un romanzo. E' più forte di me, le lascio andare, non sono possessivo nei loro confronti. Un’altra donna che vive la propria contraddizione è Solìma, (confesso che in lei qualcosa c’è di me), giovane e già matura protagonista suo malgrado dell’omonimo racconto mai pubblicato. Scrivo quasi sempre di donne, poiché a mio avviso l’universo femminile è certamente più interessante da sondare... gli uomini sono così noiosi… ehehe.


Attualmente stai scrivendo qualcosa, o hai programmato di scrivere un testo di qualche tipo?

Come dicevo, sto scrivendo il mio primo romanzo dal titolo Io sono Dalì, con molta calma e pigrizia; non so bene quando riuscirò a terminarlo. Intanto colgo l’occasione per ringraziare quelle lettrici che, dopo aver letto alcuni stralci, mi hanno esortato a continuare; spero di non deluderle. Un altro lavoro a cui tengo molto è un testo sperimentale che sto scrivendo, dal titolo Confessioni di un lavavetri: sono quasi alla fine, altro non è che un patchwork legato da citazioni di testi musicali e letterari. Questi testi mi hanno aiutato a capire quanto conosciamo poco e quanto troppo spesso gettiamo via il nostro tempo prezioso; mi pare una gran bella lezione.


Oltre alla scrittura e alla lettura, quali sono le tue passioni?
Prima di tutto la musica e ciò che ruota attorno ad essa. Sono costretto a ripetermi: è sul linguaggio musicale, attraverso il colore e soprattutto il ritmo, che scaturiscono le mie poesie; a partire da esso tinteggio le immagini e le sensazioni. E’ un modo per suggerire l’incomunicabilità, poiché non vedo altri sistemi con cui si possano trasmettere contenuti artistici se non attraverso l’illusione di essere lì, dove l'opera d'arte prende forma e pulsa.
Ho frequentato molto il mondo del cinema, grazie a mio padre che era un operatore cinematografico e mi ha rifilato nella sua vita qualche migliaio di film, dicendomi sempre: “Bene, il novantacinque per cento lo puoi buttare nella pattumiera, mentre quel che resta è buono!”. Un gran mattacchione…
Concludo col dire che sono appassionato di dolci; la cosa vi farà sorridere, ma sono davvero schiavo dei biscotti…se potessi li collezionerei tutti, ma non posso, non durano!


Dai qualche consiglio agli scrittori esordienti...

Prima di tutto, non smettete mai di essere curiosi e di metabolizzare gli errori. Di errori se ne fanno di continuo, ma proprio dagli errori a volte vengono fuori ottime idee e soluzioni, spesso inaspettate. Poi bisogna tenere in considerazione la disciplina; è la parola chiave (in disuso), che ci fa intraprendere il viaggio verso la conoscenza non solo per raggiungere una meta: il viaggio deve essere inteso quale percorso formativo, e il più grande auspicio è che lavoriate su voi stessi. Consiglio infine di leggere Musashi di Eiji Yoshikawa, vale tanto oro quanto pesa!

Saluto tutti i lettori e ringrazio Stella Demaris per avermi concesso questa intervista.



Claudio Strauss, Città Irreale (Voci, m'attraversano...), Youcanprint: poesie di vario genere.

Disponibile nelle maggiori librerie on line come libro cartaceo ed e-book pdf.





2 commenti:

  1. Bella intervista, anche seria! :-D Anch'io amo Fante :-)

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  2. Siamo sulla stessa lunghezza d'onda :)
    Scusa se ho risposto con 'un po' di ritardo!'

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Grazie per il tuo commento, verrà pubblicato non appena lo avrò visionato.